Angelica e Marilena non sono «figlie d'arte», hanno scelto questa professione: «I defunti vanno trattati con la sensibilità femminile»
Alla domanda «che lavoro fai?», lei risponde: «Lavoro con la morte». O meglio, aggiunge: «Mi impegno a rendere umano ciò che la morte e la sofferenza sfigura». Angelica Dicuonzo, impresaria funebre insieme a sua sorella Marilena, entrambe titolari dell’agenzia funebre «Osiride» di Barletta, è una donna eccezionale nel vero senso della parola.
Lei, che un tempo faceva la ragioniera e sua sorella, invece, insegnante, 18 anni fa decidono di abbandonare i loro vecchi lavori per aprire nella «città della Disfida» un’agenzia di onoranze funebri, la prima impresa funebre a Barletta costituita e gestita da due donne: un’autentica «sfida» visto che questo mestiere viene visto da sempre come esclusiva maschile.
«Quando nel 2006 ho aperto l’impresa “Osiride” - ci confessa Angelica - nessuno credeva in me. Probabilmente io e mia sorella siamo le uniche impresarie funebri in Puglia e in Italia non “figlie d’arte”. Tutte le altre o sono mogli dei titolari o hanno ereditato questo lavoro. Mio padre e mia madre facevano altro: loro ci hanno sempre trasmesso sensibilità e umanità verso il prossimo».
«Abbiamo dovuto sgomitare in un settore…per uomini. Anche mio marito, a distanza di tempo, continua a chiedermi: tu che avevi paura dei morti come hai fatto ad appassionarti a questo mestiere?».
Esatto, come mai ha deciso di diventare impresaria funebre insieme a sua sorella?
«Osiride nasce da una esigenza vissuta. Aver assistito alla gestione del funerale di persone a me care, fu un vero e proprio shock. L’agenzia alla quale ci affidammo non andò a curare una serie di particolari che io, in quanto donna, avrei invece gestito con maggiore attenzione. Da lì nasce la mia grande voglia di vicinanza al pubblico e al settore delle imprese funebri, per poter mettere a disposizione la mia sensibilità. L’impresa nasce, dunque, da una mia idea e, inizialmente, l’ho ideata e programmata da sola. Poi ho voluto coinvolgere anche mia sorella Marilena che è intestataria dell’azienda. Sia io che mia sorella siamo titolari-manager-lavoratrici: io, per esempio, guido il carro funebre, sappiamo vestire le salme, sappiamo prepararle, truccarle, sbrighiamo tutta la parte burocratica e amministrativa».
Se lo ricorda il suo primo funerale gestito da impresaria?
«Certo, siamo state autodidatte: io non avevo esperienza di nulla e, ricordo, in occasione del mio primo funerale mi sono dovuta destreggiare da sola tra le mille incombenze. Adesso riusciamo a gestire bene tutto, dal lato emotivo delle famiglie all’organizzazione della salma, dalla grafica alla stampa dei manifesti, al disbrigo degli atti burocratici. Recuperiamo e trasferiamo le salme e ci occupiamo anche di eventuali cremazioni».
La sua figura diventa quindi una presenza rassicurante...
«Quando io arrivo porto con me l’empatia e la sensibilità femminile, necessarie per affrontare una situazione delicata. Sono donna, e come tale non sono adatta per sollevare le bare (per questo abbiamo dei dipendenti che chiamiamo all’occorrenza), né svolgere mansioni più “maschili”. Però sono perfetta per consolare, sono disegnata per alleviare il dolore, confortare nel momento della perdita. Sì, è vero, un tempo avevo paura avvicinarmi ai morti. Oggi li lavo, li pulisco, li trucco, li sistemo e mi muovo con delicatezza: rivesto il feretro come fosse qualcuno che conosco davvero. E quando finisco provo un senso di rispetto e di “contentezza”: in fin dei conti il nostro compito è quello di rendere presentabile al mondo un qualunque corpo privo di vita che la morte stessa e la sofferenza hanno sfigurato»
Angelica, è un lavoro impegnativo?
«Quando ho aperto l’impresa funebre, ero già sposata e madre di due figli piccoli. Mia sorella, invece, aspettava la sua prima figlia. È stato, dunque, un grosso sacrificio condiviso perché abbiamo dovuto sottrarre un po’ di noi, la nostra presenza alla famiglia. D’altra parte è un lavoro che non ha orari ma, da questo questo punto di vista siamo fortunate perché abbiamo il supporto di nostra madre che ci viene incontro quando non siamo presenti».
La vostra, insomma, è anche una missione
«La giudichi lei: in fin dei conti aiutiamo la famiglia che sta vivendo un momento di panico: diventiamo una guida per chi, nel momento del dolore, non sa da che parte orientarsi».